
Lo Yoga Pratica non Pratica

Lo Yoga Pratica non Pratica
Lo Yoga è una pratica non pratica.
Lo Yoga si sviluppa senza tecnica, o meglio non una tecnica controllata, ma nel suo compiersi esiste un logico, riconoscibile dispiegarsi dell’energia.
La stessa energia che contemporaneamente si manifesta allo stesso modo sui diversi livelli, fisico, emozionale, mentale e più sottile, quello eterico e oltre.
Anche se non facilmente comprensibile il movimento dell’energia ha un suo senso e produce effetti, secondo il senso, lo scarico, l’afflusso, la spirale o il ristagno che produce e svolge in modo opportuno o meno.
Non potrebbe essere altrimenti e aggiungiamo che si muove e produce i suoi effetti su tutti i praticanti, ma in genere su tutti gli esseri viventi, allo stesso modo anche se le differenze costituzionali, non solo quella fisica, possono necessitare di modalità diverse.
Ciò permette di rilevare il flusso dell’energia che scorre nel corpo e così si scopre prima lo stato del corpo, del pensiero e delle emozioni, allora anche lo Scopo delle Asana.

Esplorare le Asana
Le Asana non vanno imparate, vanno esplorate, comprese e liberate nel corpo stesso, fino a trascenderle.
L’asana tocca, agisce sul fisico e sulle “Nadi” e poi si esaurisce.
L’energia scorre nell’uomo e in ogni forma vivente dentro dei canali,”Nadi”, allora, immaginiamo come il percorso, gli argini, la consistenza del letto di un fiume condizioni il flusso dell’acqua, trasportandola lontano, velocemente, ma anche in base alla potenza e alla portata dell’acqua che corrisponde all’energia presente nell’uomo.
E’ un moto, un decorso, che nasconde uno Scopo naturale, spontaneo, che non va cercato, ma che deve comunque seguire delle traiettorie, le famose direzioni, ascendenze, discendenze, spirali, insomma le vie, i movimenti e persino la staticità in alcuni casi che l’energia sperimenta e grazie alla quale realizza e scopre l’asana.

La potenza respiro sta tra lo spazio che intercorre tra l’inspiro e l’espiro
Lo Yoga Pratica non Pratica
Non avviene solo nell’asana, si può realizzare in ogni attimo, in ogni azione, le asana, alcune, favoriscono questa manifestazione.
Potremmo comunque fare a meno delle asana, nello Yoga originario, praticato nella valle dell’Indo, precedente allo Yoga preclassico, non esistevano le asana.
La mente non deve prevedere, manipolare il corpo, tanto meno lo stato interiore con il quale si giunge alla pratica, l’azione attraverso stereotipate sequenze, non rivela l’esperienza, l’asana deve sorgere, dispiegarsi, compiersi, liberarsi e poi lasciare spazio alla successiva quando sente essere il momento opportuno.
La potenza del respiro, sta tra lo spazio che intercorre tra l’inspiro e l’espiro, è da lì che si inizia, qualsiasi tecnica artificiosa, blocca, contrae, non libera, ma comprime, trattiene, manipola.
Il Pranayama
Allora il Pranayama che nelle classi di Yoga faccio anch’io praticare, come avviene in tutte le pratiche ordinarie, diviene solo il pretesto per occuparsi di riconoscere la portata respiratoria e intervenire sul risveglio di questa forza in modo meccanico solo fintanto che l’allievo maturi autonomamente la comprensione e il riconoscimento di una qualità diversa con la quale approcciare “alla pratica, non pratica” e così lasciar esperire anche il respiro fuori da ogni meccanica.
L’asana, il pranayama, così come siamo abituati a praticarli, devono divenire il pretesto, creare il presentimento che conduce all’evidenza che c’è bisogno di altro, così si osserva l’insorgere della necessità di spontaneità, libertà e autenticità all’interno della pratica dello Yoga “al fine” di esperire il reale.
Ecco che allora succede la conversione verso l’origine.

Lo Yoga Pratica non Pratica
Prossimamente ci saranno articoli definiamoli “tecnici”, sull’esperienza delle diverse asana codificate dallo Yoga classico.